martedì 13 marzo 2012

Benvenuta a Georgetown!

Introduction Day, ovvero il formale ed istituzionale benvenuto nell'universo parallelo Georgetown preannunciato da un cartoncino di colore giallo canarino dove spiccava argenteo un chiaro "You are cordially invited.." (traduzione: sarà meglio che tu sia presente).

Ero reduce da un viaggio di 14 ore Roma-Washington DC, nel quale mi ero sparata 3 film diversi, avevo fatto un pisolino, avevo mangiato e soprattutto avevo accuratamente evitato di pensare a cosa andavo incontro. Era lo stato che mi aveva accompagnato per i precedenti 4 mesi. Da quel 12 luglio 2008 nel quale era uscito quel maledetto bando, quel modulo riempito per noia, quella lettera motivazionale scritta per inerzia, per gioco, perchè era divertente chiedere a tutti gli amici che avevano studiato all'estero di darmi le loro lettere motivazionali e farne un accurato collage, metterci del mio, portarla, dopo ogni modifica a mamma per correggerne l'inglese, vederla inforcare gli occhiali ed osservarla mentre compiaciuta ed impegnata la vagliava, paragrafo dopo paragrafo, alla luce fioca della vecchia lampada dello studio, come se lei fosse la professoressa ed io una sua alunna. Perchè poi, quando lettera e curriculum mi avevano fatto passare il primo step della selezione avevo incominciato a crederci. E quando trovai il mio nuovo ragazzo, Riccardo, a letto con la mia cara amica Elena, partire era diventata una necessità. Necessità di fuggire, di lasciarmi quella storia alle spalle. Sentire ad un tratto la propria vita tutto sommato felice sgretolarsi perchè Elena era la mia coinquilina e Riccardo faceva parte del gruppo di amici con cui uscivo. Era ufficiale, non avevo più niente che contasse per cui valesse la pena di rimanere.

La pesantezza della solitudine che mi avvolse in quei giorni fu lo stimolo necessario per andare avanti. Dovevo vincere quella borsa di studio, dovevo partire.

domenica 15 gennaio 2012

Ti piace giocare?- Mmh, si! Allora,facciamo un gioco.. Parliamo al telefono, Usciamo insieme, Ridiamo e scherziamo­..! - E poi? E poi niente.. Il primo che s'innamora, Perde.

giovedì 22 dicembre 2011

MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA'

Il momento esatto il cui di notte i semafori cominciano a lampeggiare, che vuol dire che ormai le auto sono poche e quasi tutte stanno tornando verso casa. Due che stavano per lasciarsi e poi non si lasciano più e si abbracciano a lungo, senza accorgersi che la gente si è fermata a guardarli. Un piccolo incidente e il ragazzo in motorino si alza subito perché non si è fatto niente. Tutte le nonne che portano al parco i nipoti e i loro sorrisi apprensivi quando li guardano correre. Le persone che devono cominciare a parlare per dire una cosa importante. Ogni palazzo che ospita uffici ricolmi di lavoro e tutte le vite che ci sono dietro coloro che stanno dietro alle scrivanie. Il suono prolungato e familiare di campanelle scolastiche, e un rumore di scale percorse con tumulto che si diffonde in molti quartieri, rumore di bambini, ragazzi e adolescenti, che creano per qualche secondo una tensione barbara, lì fuori, una scenografia dell’attesa di qualche secondo – e poi tutti questi ragazzi che vengono espulsi quasi all’unisono, le scuole si svuotano e la città si riempie di nuovo, i vigili urbani hanno molto da fare, le madri e i padri tornano a fare i genitori, i pranzo sono quasi tutti pronti, le organizzazioni complicate dei pomeriggi. L’odore di pane del primo mattino; le macchinette del caffè nel momento in cui vengono spente. Le passeggiate. Gli aperitivi con le mani unte dalle arachidi.
Il primo scontrino battuto in un negozio. E anche la prima volta che una ragazza fa tardi la sera e la tensione nascosta dei genitori. Il bis tanto atteso di un concerto. Il giorno in cui fa abbastanza freddo da dover tirare fuori dall’armadio il primo maglione e infilarlo mentre scarica corrente. Quelli che alzano le serrande, che rifanno le strade, che svuotano i cassonetti; quelli che aspettano e guardano l’orologio e poi finalmente in fondo alla strada vedono chi aspettavano, quelli che attraversano strisce pedonali e guardano male gli automobilisti che frenano un po’ tardi, quelli che smettono di fumare, quelli che escono la mattina dai portoni e coprono gli occhi dalla luce. Le lacrime che scendono sui visi degli spettatori al cinema, le risate di una sera a cena. Quelli che lottano per pagare il conto, che spengono la luce a letto e poi si girano di lato, tirandosi su le coperte. Tutti i traslochi di una giornata, tutte le auto che escono nuove dai concessionari, tutta la musica che viene ascoltata. Un litigio furioso per una questione di principio. Le chiacchiere negli uffici postali, le difficoltà nel riempire i moduli, le borse della spesa da svuotare, i clacson che smettono di suonare, Uno che corre per arrivare prima che scada il tempo per qualsiasi cosa. I bambini quando chiudono il quaderno perché hanno finito i compiti, i balconi con i panni stesi e il vestito da mettere alla festa. Il momento in cui i padri dicono: e va bene, i risvegli dalle operazioni chirurgiche, le strade appena bagnate dal camion che le pulisce, il profumo del giornale quando lo prendi tra le mani, le bocche impiastricciate dei bambini quando hanno finito il gelato, il responsabile che all’alba chiude la discoteca facendo scattare il lucchetto, il professore che corregge i compiti. Tutti i sogni di una notte, gli ultimi giorni del sindaco, tutte le feste a sorpresa, e il rumore della carta da regalo quando viene scartata. Lo scatto della penna che vola più in alto possibile, come la partenza di un missile. La prima pubblicità degli slip Roberta. Il fatto che nessuna donna al mondo riesca ad ottenere dal parrucchiere la pettinatura che desiderava. Restare in città ad agosto e andare nelle case vuote degli amici a innaffiare le piante. Il ragionamento che bisogna fare, per un attimo, per mettere in relazione una parte del corpo o un organo interno e il nome del reparto specialistico a cui corrisponde. Stare davanti alla stazione e assistere all’entrata in macchina di tutti quelli che arrivano da un viaggio in treno, e sono venuti a prenderli: vedere quando salgono sul sedile anteriore o posteriore e come sono felici di vedere chi è venuto, come li salutano. Tutte le donne nel gesto di legarsi i capelli. E anche tutte le donne che non dimenticano gli assorbenti macchiati in bagno.Gli amori che cominciano, che è molto prima di quando cominciano – cioè il momento in cui un innamoramento nasce senza che la persona che si innamora se ne sia ancora accorta. E poi certi pomeriggi di pioggia e la gente che aspetta che spiova sotto i portoni e si conosce e si parla. Gli amici che si incontrano al caffè e si raccontano i segreti. Le manifestazioni, quando la città è occupata da molti di coloro che la abitano. E la notte di Capodanno, quando la maggioranza dei cittadini è in strada e non nelle case. L’elenco di tutte le case che si abitano nel corso della vita. Il numero esatto di baci che si stanno dando in questo momento. Mi piacerebbe che nessuna porta stesse sbattendo, che nessun essere umano stesse tossendo, che nemmeno un cittadino non si sentisse un cittadino; e sempre in questo momento che qualcuno stesse dicendo: però com’è bello vivere qui. Anche tra sé e sé.
FRANCESCO PICCOLO

giovedì 8 dicembre 2011

First day of classes ovvero - Primo giorno di scuola



Attraverso il cancello principale della Georgetown.

Ho la stessa sensazione che mi immagino quando vedo quei telefilm americani che iniziano con la scena del primo giorno di scuola, quando suona la campanella ed il protagonista si trova smarrito nel corridoio in cerca dell'aula mentre tutti ridono scherzano e interagiscono come se lui fosse invisibile.



Il mio corridoio virtuale percorre un curatissimo prato verde dove si erge maestosa ed imponente Healy Hall.


Haley Hall è l'edificio principale del campus, per intenderci quello che viene utilizzato come sfondo nelle magliette. Mi da una sensazione strana: sebbene trasudasse eleganza e ricchezza, allo stesso tempo emanava delle vibrazioni sinistre.

In realtà un po' tutto ciò che sta a Georgetown ha questa doppia anima: da un lato c'è l'esteriorità di bellezza ed efficienza, un mondo incantato dove tutto ti conferma che "va tutto bene, va tutto molto bene", dall'altro lato, che poi è quello invisibile ai più, Georgetown ha un'aura spettrale.

Dopotutto penso non sia un caso che a Georgetown ci abbiano girato L'Esorcista.


Mi hanno spiegato che su Healy Hall vi era una sorta di leggenda che si tramandava, riguardava l'orologio della torre.

Uno dei Gesuiti che vi insegnavano [che poi sarebbero i padri fondatori dell'Università], era rimasto appeso, ucciso dalle lancette mentre cercava di aggiustare il meccanismo dell'orologio.

Da quell'episodio avvenuto agli inizi del '900 era nato un rito, che si ripeteva ciclicamente all'interno di una confraternita, quello di arrampicarsi [rischiando la vita] sulla torre dell'orologio per rubare [o almeno provare a rubare visto l'ingente vigilanza], le lancette dell'orologio, per poi imballarle e spedirle - destinazione Vaticano. Mi spiegarono anche che il pacco, una volta arrivato, non viene nè aperto nè trattenuto. Gli viene solo apposto un timbro "da restituire al mittente", e rispedito a Georgetown. Ciclicamente, in media ogni 4-5 anni qualche studente più furbo degli altri elude la sorveglianza e riesce nell'impresa, spedisce le lancette dell'orologio di Haley Hall al Vaticano, che poi le rimanda al mittente. Stessa storia differenti anni.

Le lancette tornano sempre.