Introduction Day, ovvero il formale ed istituzionale benvenuto nell'universo parallelo Georgetown preannunciato da un cartoncino di colore giallo canarino dove spiccava argenteo un chiaro "You are cordially invited.." (traduzione: sarà meglio che tu sia presente).
Ero reduce da un viaggio di 14 ore Roma-Washington DC, nel quale mi ero sparata 3 film diversi, avevo fatto un pisolino, avevo mangiato e soprattutto avevo accuratamente evitato di pensare a cosa andavo incontro. Era lo stato che mi aveva accompagnato per i precedenti 4 mesi. Da quel 12 luglio 2008 nel quale era uscito quel maledetto bando, quel modulo riempito per noia, quella lettera motivazionale scritta per inerzia, per gioco, perchè era divertente chiedere a tutti gli amici che avevano studiato all'estero di darmi le loro lettere motivazionali e farne un accurato collage, metterci del mio, portarla, dopo ogni modifica a mamma per correggerne l'inglese, vederla inforcare gli occhiali ed osservarla mentre compiaciuta ed impegnata la vagliava, paragrafo dopo paragrafo, alla luce fioca della vecchia lampada dello studio, come se lei fosse la professoressa ed io una sua alunna. Perchè poi, quando lettera e curriculum mi avevano fatto passare il primo step della selezione avevo incominciato a crederci. E quando trovai il mio nuovo ragazzo, Riccardo, a letto con la mia cara amica Elena, partire era diventata una necessità. Necessità di fuggire, di lasciarmi quella storia alle spalle. Sentire ad un tratto la propria vita tutto sommato felice sgretolarsi perchè Elena era la mia coinquilina e Riccardo faceva parte del gruppo di amici con cui uscivo. Era ufficiale, non avevo più niente che contasse per cui valesse la pena di rimanere.
La pesantezza della solitudine che mi avvolse in quei giorni fu lo stimolo necessario per andare avanti. Dovevo vincere quella borsa di studio, dovevo partire.